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PASS-PORTS: visioni straniere a Torino


Passports è il titolo della mostra che dà l’avvio alla Galleria Panta Rei.

Per questa prima esposizione si è pensato ad una collettiva dedicata agli artisti stranieri che vivono stabilmente a Torino ed in Piemonte.

La scelta di risiedere in un luogo specifico risente probabilmente di quelle che possiamo definire le regole dell’attrazione, sicuramente diverse da quelle del romanzo di Bret Easton Ellis, ma presenti e determinanti se hanno fatto sì che molti artisti scegliessero questa parte d’Italia per vivere e lavorare.

I Passaporti sono da sempre i passe-partout per accedere ad un paese, ad un luogo o un mondo in cui si cerca di entrare, foss’anche quello dell’arte contemporanea.

Ergo, è il Pass-port, con le informazioni che contiene a stabilire chi si è e la correlata possibilità di viaggiare, diversamente ci si deve affidare a un oscuro passeur che conosca una strada alternativa e porti oltre gli steccati.

Il luogo avito, la Terrasanta, la Mecca, l’isola del tesoro, l’Eldorado a cui si tende è in questo caso la lussureggiante terra emersa dell’arte contemporanea; un’Atlantide che chiede per accedervi un documento di viaggio fatto di coraggio, fantasia, dedizione, tecnica e molto talento.

Insomma una vita consacrata a questo telos.

I variegati granai di linguaggi pittorici che gli artisti invitati espongono sono la dimostrazione di come si possano espugnare le convenzioni del visivo attraverso una polifonia, una koinè comune che si declina, secondo le sensibilità, su tela.

Oltre al piacere istintivo di contemplare l’arte c’è la constatazione di come le opere sappiano essere intense e potenti quando escono dal micromondo degli schermi digitali dell’always on, e si manifestano al pubblico nella loro lingua silenziosa fatta di eccezionale sostanza; il lessico dell’arte contemporanea consta di pensiero non di mera didascalia, un pensiero che sappia divenire progetto, che abbia fiato, che parli che non cada nell’ineffettuale.

Recuperare la funzione principe dell’arte provando a legarla a una comunità, ad un luogo, che la ponga al centro per riconoscersi e cementare legami è l’intenzione, la causa prima di questa collettiva.

All’ostica difficoltà di possedere le ardue credenziali di un passaporto nel fare artistico si contrappone, come felice contraltare, un indulgente lasciapassare, che non pretende nient’altro che curiosità e predisposizione, dedicato a chi vorrà incontrare le opere presenti in esposizione.

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